Elogio del Padre Imperfetto

Psiche Nessuno e Centomila

E mi è capitata così, per sbaglio, tra le mani, questa vecchia foto ingiallita di me seduto sul cofano di quell’auto nuova di cui eri tanto orgoglioso e di te in posa per l’obiettivo, impettito e diritto come una ligia guardia svizzera; mi stringevi la mano per evitare che cadessi illudendomi che ci sarebbe stato sempre qualcuno disposto a proteggermi dal dolore dei tonfi inattesi. Questa pellicola sgualcita mi restituisce noi due fianco a fianco, mano nella mano, a guardare dritto nella stessa direzione, verso quella strada tanto piena di curve pericolose quanto priva di segnali che ti suggeriscono quando decelerare. Forse è stato allora che ho iniziato a sperare che mi insegnassi a guidare la vita, correndo contro vento e sfidando la notte a fari spenti; speravo mi insegnassi a leggere le cartine stradali, a tracciare il percorso più breve quando avrei bramato una meta agognata e ad attardarmi su quello più lungo quando, più che della destinazione, avrei voluto godere del paesaggio. Ho desiderato a lungo che mi portassi con te nell’abitacolo e mi spiegassi come ingranare la quarta quando il cuore avrebbe preso il sopravvento sulla ragione e come scalare le marce quando la ragione avrebbe imposto al cuore di ricredersi. Avrei voluto che imbracciassi il volante e mi mostrassi quanto fosse catartico guidare con i finestrini abbassati lasciando al vento il vezzo di scompigliarmi i capelli e alle tracce delle ruote sull’asfalto il lusso di disegnare la logica del percorso.
Ci sono voluti tempo, previsioni meteo drasticamente errate e tabelle di marcia infrante perché iniziassi a fare i conti con il mio ego infantile, con quel pensiero onnipotente che si aspettava di imparare da chi non sapeva e di sapere da chi non conosceva nulla di più delle proprie maschere riflesse nello specchio. Tu, che ai miei occhi di bambino, da Eroe hai assunto presto le sembianze di un attore frustrato, incapace di recitare la deludente parte di un copione ingiallito dall’usura del tempo; un ruolo che ti andava stretto perché diverso da quello che ti eri ritagliato quando ancora ti illudevi di poter scegliere; impacciato nel muoverti su un palcoscenico diroccato che, al di là del sipario fatto di tessuti pregiati e di rifiniture di alta sartoria, mostrava tutte le ferite delle colonne portanti; imbarazzato a srotolare le tue prevedibili battute tra arredi che, seppur di finissimo pregio, erano impossibilitati a contenere i tuoi sogni, perché i loro cassetti traboccavano già di possibilità mancate e occasioni perdute.
Ho imparato ad osservarti nascosto nel buio delle mie incertezze, in attesa che stracciassi quel copione sdrucito e rivendicassi il diritto di scrivere la tua parte di sceneggiatura; sperando che impedissi alle Primedonne di monopolizzare la scena con il capriccioso vittimismo del loro isterico copione; augurandomi che trovassi il coraggio di ripulire la coreografia dai sensi di colpa costruiti da chi pretendeva immeritatamente tutta l’attenzione del pubblico pagante. Ho bramato invano che mostrassi il tuo vero Io e ho atteso molto di più per capire che quello che mi aspettavo che diventassi era solo frutto dei miei bisogni infantili più indisciplinati. Perché ogni bambino ha diritto ad avere il proprio Eroe: il guerriero da cui imparare a combattere le battaglie contro la sfiducia, il soldato che gli insegni ad usare le armi per difendersi dagli insolenti attacchi della vita, il combattente che lo aiuti a lenire il vissuto di fallimento dopo una bruciante sconfitta.
Avrei dovuto dirti tutto questo quella volta in cui finalmente ho letto l’orgoglio nei tuoi occhi per quel meritato successo, oppure quel giorno in cui lasciasti che il tuo silenzio mi parlasse della tua disapprovazione per quella mia scelta ardita. E invece ci sembra che non sia mai il momento giusto quando vorremmo sciogliere quei nodi in gola con cui dopotutto abbiamo imparato a convivere. Perché il tempo spesso trafuga sogni, coincidenze e opportunità e se i sogni possiamo reinventarceli e le coincidenze ricrearle, le opportunità perdute diventano come il ricordo del vento tra i capelli, quando speravo che mi insegnassi a goderne senza preoccuparmi che all’arrivo il mio aspetto sarebbe risultato trasandato e non avrebbe compiaciuto l’ordine ossessivo e indisponente degli attori non protagonisti. Perché avrei voluto che mi insegnassi ad essere irriverente contro la presunta morale di chi ignora persino i principi basilari dell’Etica e a trasgredire le irregolari regole di chi si arroga il diritto di gestire interamente lo spettacolo, illudendosi che per assicurarsi il successo della Prima sia sufficiente obbligare gli spettatori a pulirsi le scarpe sullo zerbino.
E allora, se potessi, oggi sarei io a prenderti la mano, la stringerei forte nella mia, ti farei varcare la soglia dell’ingresso principale e ti accompagnerei su quel palco illuminato a giorno, dinanzi ad una folta platea di lustrini e paillettes. Ti chiederei di lasciar scivolare le maschere smunte sul pavimento e di dare voce a quel non detto che ti sei trascinato dietro come un gravoso peso sulle spalle fino all’ultimo giorno della tua vita; ti guarderei orgoglioso stracciare quel copione che è sempre stato troppo stretto per contenere le tue impegnative aspirazioni; ti applaudirei sentendoti decantare versi impertinenti e ti guarderei ballare, ribelle, sulle note di una musica eversiva e canzonatoria.
Perché la libertà di esprimere se stessi ha sempre un prezzo troppo alto, perché rivendicarla nel bel mezzo di un gioco già avviato significa rimescolare le carte in tavola e indispettire chi è in vantaggio, perché cambiare le regole senza accettare condizioni il più delle volte viene inteso come un atto di egoismo e non come un estremo tentativo di sfuggire alla malattia dei propri autoinganni. Quegli stessi autoinganni da cui nessuno è immune ma che ognuno può scegliere se accettare consapevolmente, negare nevroticamente o svelare coraggiosamente. Ti avrei detto tutto questo se la mia incapacità di maneggiare emozioni e disillusioni non me lo avesse impedito. Poi ti avrei guardato riappropriarti del tuo Eroismo, applaudendo orgoglioso fino a sentire le mani doloranti.
E invece il sipario è calato senza preavviso, in quel giorno in cui il teatro era chiuso e tu eri da solo in silenzio dietro le quinte a scompigliare mestamente i costumi di scena. Senza che nessuno ti stringesse la mano e ti ringraziasse per le emozioni che eri riuscito a regalare. Perché adesso che anch’io sto per diventare padre, venderei l’anima al diavolo per sentire ancora una volta il mio nome pronunciato dalla tua voce. Perché, in fondo, papà, almeno alla fine dell’ultimo atto, avresti meritato di sapere che ai miei occhi eri stato pienamente all’altezza della tua adorabile imperfezione!

10 pensieri su “Elogio del Padre Imperfetto

    • Umberto Eco dice che “ciò che diventiamo dipende da quello che i nostri padri ci insegnano in momenti strani, quando in realtà non stanno cercando di insegnarci. Noi siamo formati da questi piccoli frammenti di saggezza.”. L’adorazione del padre non sembrerebbe un prerequisito per ricevere questo dono. Ogni genitore dà quel può e ogni figlio prende ciò che riesce: l’importante è godere di quanti più “momenti strani” possibili! Grazie mille per essere ripassata di qua! Serena serata!

      Piace a 1 persona

  1. Complimenti dottoressa. Ha mandato un bel messaggio a tutti noi che inseguiamo la perfezione e non ci affidiamo ai nostri imperfetti libretti di istruzioni.

    "Mi piace"

  2. Lo sai che ti seguo dai tempi del “Principe Azzurro”. Mi lasciai trasportare dal tuo primo post e non ho più perso un articolo. Ognuno mi ha lasciato in eredità una riflessione, un suggerimento, un pensiero: questo mi ha travolto come un tir a 150 km/h. Spero di uscirne indenne!! Grazie … di cuore dottoressa!

    "Mi piace"

  3. Ci sono voluti tempo, previsioni meteo drasticamente errate e tabelle di marcia infrante perché iniziassi a fare i conti con il mio ego infantile, con quel pensiero onnipotente che si aspettava di imparare da chi non sapeva e di sapere da chi non conosceva nulla di più delle proprie maschere riflesse nello specchio. POTREI RIFERIRE QUESTE PAROLE AL RAPPORTO CON MIA MADRE. AVREI VOLUTO DIRGLIELE PRIMA CHE CALASSE IL SIPARIO. GRAZIE! MI HA EMOZIONATA!

    "Mi piace"

  4. Semplicemente meravigliosa questa lettera dottoressa. Lei sa parlare al cuore, smuovendo le emozioni più profonde e nascoste! Un caro ringraziamento! Ps. A quando il suo primo libro?

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a psichenessunoecentomila Cancella risposta