Attaccamento e separazione

L’accudimento che ciascun bambino riceve dai propri genitori rappresenta il substrato delle sue competenze emotive, relazionali, sociali e addirittura genitoriali (in quanto influenzerà in modo significativo anche la qualità delle relazioni con i suoi figli, quando a sua volta diverrà genitore). Di pari importanza alle cure materiali, pertanto, risultano quelle di natura emotiva. Affinché un bambino possa sviluppare un buon concetto di Sé, in quanto individuo ricco di valore e degno di amore, è necessario che il genitore comunichi con lui in modo efficace, incoraggi il contatto sociale, gli insegni a gestire le frustrazioni e si sintonizzi sui suoi bisogni emotivi. Se il modo di relazionarsi al figlio risulta connotato positivamente in termini fiducia, attenzione e interesse nei suoi confronti, egli svilupperà un senso di Sé competente. Poche altre cose rappresentano un pesante fardello come il sentimento di sfiducia ereditato da un genitore svalutante che, anziché veicolare ai figli la percezione del mondo come un posto da esplorare e conquistare, lo presenta come un luogo minaccioso che loro non sarebbero capaci di fronteggiare. Fin dalla primissima infanzia, affinché un bambino impari a credere nelle proprie risorse, è quindi necessario che chi si prende cura di lui nutra cieca fiducia nelle sue capacità e soprattutto, non manchi mai di farglielo sentire.

Attaccamento sicuro e resilienza

Un recente e autorevole studio condotto presso l’Università della California e presentato al 52esimo Meeting dell’American College of Neuropsychopharmacology, ha fornito l’ennesima evidenza scientifica sui molteplici benefici delle attenzioni materne nei primi mesi di vita del bambino. Il contatto oculare, il massaggio, l’abbraccio, le carezze rappresentano degli importanti fattori di prevenzione nello sviluppo di psicopatologie nelle epoche successive. Un attaccamento “sicuro”, infatti, si configura come una vera e propria “barriera antistress” poiché agisce direttamente sull’attività neuronale correlata alla “resilienza”. Riconoscere l’emozione del bambino promuove la sua capacità di entrare in contatto con la propria sfera emotiva e rappresenta anche un’occasione di intimità tra genitori e figli, in grado di consolidarne il legame; bisognerebbe aiutare i più piccoli a nominare i diversi stati emotivi e a raccontarli senza paura di essere giudicati. Lo studio citato offre una spiegazione chiara su come le cure materne nelle precoci fasi dello sviluppo, influenzino a livello molecolare il futuro del proprio bambino, rendendolo più o meno vulnerabile non solo allo stress, ma anche a psicopatologie gravi come quelle classificate tra i disturbi dell’umore.

Le prime esperienze di separazione

Uno degli aspetti più sottovalutati nei primi anni di vita, sono i primi momenti di separazione dalle principali figure di riferimento affettivo,. Le prime esperienze di questa natura suscitano nei bambini vissuti ambivalenti: da un lato la curiosità della scoperta di un mondo diverso da quello familiare (si pensi ai primi giorni di inserimento al nido o alla materna), la possibilità di allacciare relazioni nuove con adulti estranei alla cerchia familiare e con coetanei con cui condividere giochi e interessi, il desiderio di esplorare autonomamente nuovi spazi di vita; dall’altro la difficoltà a “lasciare andare” con serenità le persone amate, la paura che non tornino a prenderli che può trasformarsi in vero e proprio terrore dell’abbandono. Prassi comune, purtroppo ancora promossa e sostenuta da molti genitori e insegnanti, è quella di distrarre il bambino prima che la mamma, il papà, la nonna si allontani per evitargli il dolore del distacco dalla figura affettiva. Questo comportamento, non solo risulta inefficace sul piano prettamente educativo, ma soprattutto rischia di essere controproducente rispetto alla necessità di insegnare al bambino a gestire le proprie emozioni. Scoprire improvvisamente che la figura di attaccamento si è allontanata senza salutare infatti, non gli consente di modulare l’angoscia che prova, né di trovare rassicurazione e conforto, come invece sarebbe consigliabile, in un rituale o in un oggetto a lui familiare.

Esperienze infantili e coazione sentimentale

Come scrive lo psicoterapeuta Aldo Carotenuto in “Breve storia della psicoanalisi”, “Il bisogno di attaccamento, ossia la pressante necessità di stabilire legami con altri esseri umani, è così irrinunciabile e indispensabile che il suo appagamento è diventato prioritario rispetto alla qualità del legame stesso“. In questo senso, la realtà clinica rappresenta un punto di osservazione privilegiato su alcune specifiche modalità relazionali, quelle tipiche di chi ha difficoltà a “lasciare andare” o a superare il lutto per un abbandono subito o ancora ad attuare comportamenti disadattivi per frenare fantasie catastrofiche legate alla possibile perdita di una persona amata. In questa schiera è possibile annoverare anche chi si ostina a difendere scelte affettive rivelatesi palesemente sbagliate e dolorose, quando non anche controproducenti e spesso masochistiche.
Una simile nefasta “coazione sentimentale”, cela in fin dei conti null’altro che una sterile forma di fedeltà a quelle che sono state le prime e più importanti relazioni dell’infanzia” scrive ancora Carotenuto, “Come se l’angoscia scatenata dalla perdita tout court del legame, la solitudine dell’abbandono, fossero così insopportabili da rendere preferibile un legame qualsiasi anche autolesionistico, anche distruttivo.”
La matrice di gran parte della sofferenza emotiva è strettamente connessa al mondo di relazioni in cui siamo immersi. Gli altri, sin dal nostro primo vagìto, rappresentano eloquenti cartine di tornasole delle nostre vicissitudini interne. Spesso un comportamento disfunzionale (nell’adulto come nel bambino) o il palesarsi di una nevrosi, divengono l’unica risposta possibile ad un mondo esterno incapace di guardare, cogliere e legittimare la propria esperienza umana. In questi termini, spesso si sottovaluta l’importanza delle prime esperienze di separazione dalle figure di rifermento: le modalità con cui i bambini imparano a gestirle influenzeranno in modo significativo la sicurezza in se stessi e la fiducia nell’altro. Rappresenteranno soprattutto, un modello relazionale con cui gestiranno (più o meno consapevolmente) le future esperienze di separazione.

4 pensieri su “Attaccamento e separazione

  1. Essere consapevoli della responsabilità di noi genitori rispetto ad uno stile di attaccamento funzionale e “liberante” è uno (il primo?) passo necessario per crescere dei figli “sani”… Grazie per questo prezioso contributo.

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  2. La stimo profondamente per la sua professionalità tecnica e per l’ abilità, nonché la passione, con cui scrive su temi così delicati. Giovanna D’ Arco 😉❤

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